MISERIA - POVERTA’ – RICCHEZZA - LUSSO
Una lettrice scrive:
Dalla
notte dei tempi il mondo è suddiviso in ricchi e poveri. Anche nel mondo
animale ci sono i leader che controllano il territorio; gli altri sono
sottomessi o al massimo gregari.
Cristo ci
ha insegnato a non essere così. “Chi vuol essere il primo tra voi sia il servo
di tutti”, ci ha detto.
In
Gerusalemme, dopo aver creduto, i fedeli mettevano ogni cosa in comune. Oggi
ciò sarebbe difficilmente applicabile, ma il concetto cristiano della
condivisione e dell' aiutare chi è nel bisogno rimane sacrosanto. Come si può
essere felici, sapendo che mentre un credente vive sazio, un altro è nella
miseria?
Qualcuno
ha affermato in questo blog, mi pare, che solo i grandi personaggi
dell’economia possono far qualcosa per i miseri, ma se ciascuno di noi aspetta
che si muovano gli altri, difficilmente cambierà mai qualcosa. Non dobbiamo
sentirci estranei al problema. Facciamo tutti parte dello stesso ingranaggio; e
se qualcosa non funziona, l’intero ingranaggio s’ inceppa. Come in questo
periodo: crisi economica, da cui sembra difficile uscire se non in tempi
abbastanza lunghi.
Comprendo
pienamente il punto di vista del lettore architetto, che dice di trovarsi senza
lavoro dopo aver speso energie e competenze per dare il meglio di sé.
L’arrivismo
di molti nulla ha a che fare con la volontà che tutti abbiano la loro equa
parte nel processo di giusta convivenza civile.
Perché si
tratterebbe di un vero e proprio processo: riciclaggio di risorse, anche umane,
messe nella giusta postazione di lavoro; utilizzo di materiali poveri e non
inquinanti nelle fabbriche; ritorno all’agricoltura, anche. Nelle fabbriche le
macchine hanno pian piano sostituito il lavoro manuale: io tornerei a quest’ultimo,
utilizzando le macchine al minimo indispensabile per restituire all’uomo il
lavoro. La creazione di piccoli gruppi, di cui il fratello Giambrone mi parlava
tempo fa, che aprano e gestiscano piccole
attività (anche fabbriche artigianali, aggiungerei io) in settori non
ancora saturi, potrebbe essere un passo nella direzione dell’economia
condivisa.
Ma, anche
senza voler appartenere a un gruppo o pensare in termini di globalizzazione,
possiamo nel nostro piccolo fare qualcosa: “aprire le palme al povero”, come
dice Gesù, scambiarsi servigi, come altri suggeriscono nel blog, non
approfittare degli altri (altro concetto biblico), mettere i propri talenti al
sevizio della comunità, anche in forma disinteressata, per quanto possibile.
Consiglierei
all’architetto citato di continuare a credere e a pensare che le sue energie
non sono andate perdute, sapendo che il Signore non abbandona mai quanti
confidano in Lui.
Gioconda
Cutri’
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